Il riscaldamento globale e l’allarme per il clima sono sempre più in primo piano. Ora il Centro Studi sui Cambiamenti Climatici (CCSC), nato dalla collaborazione tra la società Greenway Group Srl, Ecogest SpA, che ha come scopo quello di monitorare gli impatti dei cambiamenti climatici sulle infrastrutture di trasporto, ha analizzato gli scenari futuri e prevede danni economici diretti per le infrastrutture di trasporto fino a 2 miliardi nel 2050. L’analisi recente ha l’obiettivo di fornire informazioni utili al sistema infrastrutturale legato ai temi della resilienza e propone iniziative progettuali.
Lo studio ricorda che dal 2015 al 2021 sono stati finora i sette anni più caldi mai registrati, il contenuto di calore oceanico globale da 0 a 700 metri di profondità è stato il più alto al mondo nel periodo 2018-2022, il ghiaccio marino artico, tra il 1979-1988 e il 2010-2019, è diminuito di circa il 40%, dal 1993-2021 si è registrato un innalzamento del livello medio globale del mare di 9 centimetri.
La regione del Mediterraneo è nel mirino. Negli ultimi decenni, gli effetti del cambiamento climatico hanno avuto un impatto su molte variabili nel bacino del Mediterraneo, essendo quest’ultimo considerato una regione a rischio con un grado molto intenso di antropizzazione. Le variabili climatiche soggette a variazioni sono la temperatura, le precipitazioni, l’innalzamento del livello del mare, gli eventi estremi, la salinità e l’acidificazione degli oceani. Tali tendenze sono fortemente riscontrabili nel bacino del Mediterraneo, dove le temperature medie annuali sono di circa 1.54°C superiori ai livelli registrati tra il 1860 e il 1890, a luglio di quest’anno il 60% dell’Italia ha sperimentato una siccità estrema con record di caldo in Sicilia (48.8°C) ad agosto, le acque superficiali del Mar Mediterraneo si stanno riscaldano (da 1,1°C a 2,1°C, per uno scenario di stabilizzazione con riduzioni significative dei gas serra), l’innalzamento del bacino sarà probabilmente più alto di 37-90 cm rispetto alla fine del XX secolo.
Il cambiamento climatico in Italia
Secondo l’analisi la penisola italiana è un caso particolare per lo studio dei modelli climatici regionali, a causa della sua complessa topografia. La penisola, dal punto di vista dei cambiamenti climatici, necessità di politiche e strategie differenziate per area, oltre che modelli e strumenti in grado di comprendere il territorio e le dinamiche atmosferiche locali. L’innalzamento del livello del mare, insieme all’acidificazione delle acque e alle ondate di calore marine porteranno inevitabilmente a un aumento degli eventi estremi, i quali mettono a rischio non solo il pianeta, ma anche il corretto funzionamento della società. Secondo le proiezioni climatiche si evidenzia aumento delle ondate di calore con un forte incremento degli incendi previsto per il 2050, aumento generale dei valori massimi di precipitazione giornaliera, anche estremi, aumento della frequenza di frane e alluvioni.
Quali i rischi per le infrastrutture
Secondo lo studio, la progettazione e la manutenzione delle infrastrutture devono tenere conto della valutazione del rischio climatico, poiché i cambiamenti climatici modificano l’intensità e la frequenza degli eventi meteorologici estremi. Attualmente molti dei problemi infrastrutturali sono legati a progetti che si basano su normative che non tengono conto degli effetti rapidi e repentini dei cambiamenti climatici, che spesso: danneggiano il manto stradale, causano danni a ponti e viadotti, oltre a determinare danni strutturali, ostruzioni e allagamenti della sede stradale.
Tali eventi estremi hanno conseguentemente un impatto anche sotto il profilo economico direttamente collegato alle infrastrutture. In tale cornice, si segnala che l’aumento maggiore dei danni economici diretti è previsto per le infrastrutture di trasporto. Attualmente, il rischio assoluto espresso in termini di miliardi di euro di danno previsti ogni anno (EAD) è di 0,15 miliardi, cifra che potrebbe salire ad oltre 1,08 e 2,08 miliardi di euro all’anno nell’arco 2020-2050.
Per quanto riguarda i danni causati da eventi meteorologici estremi, il 58% dei danni è causato da inondazioni, mentre le ondate di calore e la siccità potrebbero aumentare fino a rappresentare il 92% dei danni climatici entro il 2050, soprattutto per strade e ferrovie. Mentre le inondazioni fluviali e costiere in futuro potrebbero rappresentare anch’essi danni maggiori del 50%. In futuro (periodo 2041-2070) le strade saranno colpite anche da ondate di freddo e incendi boschivi. Come si evince dal grafico a torta le forti folate di vento avranno un ingente impatto su porti e aeroporti, mentre le strade in futuro saranno soprattutto soggette a ondate di caldo e freddo, incendi e inondazioni, tanto costiere quanto fluviali. La siccità colpirà soprattutto la navigazione interna caratterizzata principalmente da fiumi e corsi d’acqua di piccole e medie dimensioni.
Sul fronte della distribuzione dei danni sul territorio italiano, nei prossimi decenni, in termini assoluti, saranno probabilmente più pronunciati nelle regioni settentrionali e tirreniche che nel resto d’Italia, a causa del maggior numero di infrastrutture. Per quanto riguarda le variazioni relative, sembra accadere il contrario, con le regioni meridionali, in particolare Sardegna e Calabria, caratterizzate da un marcato aumento del rischio climatico rispetto al resto d’Italia e associate in misura maggiore all’aumento della siccità in queste regioni.