ROMA. Il governo cerca la rivincita sul Pos. La vuole Giorgia Meloni, che, dopo aver ceduto all’Europa sugli obblighi del pagamento digitale, aveva promesso un intervento sulle commissioni bancarie. Ma, più in generale, ci spera tutto il centrodestra, ancora scottato dalla più eclatante retromarcia di questi mesi.
Su input della premier, al ministero dell’Economia è già partito il lavoro per dare una copertura ai piccoli commercianti e ai tassisti, forse la categoria che più scommetteva sull’aiuto di Meloni e sperava di portare a 60 euro la soglia che impone all’esercente l’obbligo di accettare il pagamento con il Pos. Ieri c’è stato un confronto preliminare e informale tra il Tesoro e gli operatori del settore, dalle banche alle società che gestiscono i circuiti e a quelle che forniscono i servizi della macchinetta. L’idea originaria di organizzare un tavolo è rimasta in sospeso a causa delle difficoltà di far sedere assieme concorrenti come Visa e Mastercard e altri, i quali hanno impostazioni e strategie di mercato completamente differenti.
Il governo ha comunque pronta una proposta da formulare. L’obiettivo è stato genericamente già fissato in manovra, dove è prevista la possibilità di un sostegno alle attività che hanno un fatturato fino a 400 mila euro, nella convinzione che la grande distribuzione sia in grado di abbattere i costi semplicemente attraverso un fatturato maggiore. Il tentativo dell’esecutivo è di azzerare le commissioni per le spese fino a 15 euro, e di ottenere un calmieramento per quelle tra i 15 e i 30 euro. Sono cifre modellate sulle diverse offerte con cui in questi anni le società hanno cercato di agganciare la clientela dei piccoli commercianti e di superare la tradizionale riluttanza degli esercenti italiani a tradire l’amore per i contanti. Adesso, però, il governo si è posto lo scopo di trovare una misura unica, un tetto valido per tutti. Non potendo, per le regole Antitrust, intervenire direttamente, deve cercare un accordo di mercato tra le società. Dunque, nella forma di un’intesa tra privati. Cosa che non si starebbe rivelando così semplice. Anche perché la trattativa è su tre livelli: con l’associazione delle banche, Abi, con i litigiosissimi gestori dei circuiti, e con chi detiene i diritti sui terminali, principalmente Nexi. Certo, resta l’ipotesi estrema di una tassazione straordinaria, ma come spiega una fonte del Tesoro, al momento il governo non vuole prenderla in considerazione. Spera piuttosto in un’opera di persuasione, offrendo in cambio qualche vantaggio. Come una massiccia campagna pubblicitaria a favore dei pagamenti cashless, che spinga anche i più restii tra i consumatori italiani a cedere finalmente a bancomat e carte di credito.
I paladini del contante a destra se ne stanno facendo una ragione. I ricordi della battaglia persa sono ancora freschi: dopo aver lasciato che il suo sottosegretario Giovanbattista Fazzolari si scatenasse contro Bankitalia accusandola di favorire la speculazione dei singoli istituti di credito, la presidente del Consiglio Meloni ha dovuto capitolare quando l’Europa le ha spiegato che alzare a 60 euro l’obbligo per gli esercenti di accettare i pagamenti via Pos avrebbe compromesso la lotta all’evasione prevista come obiettivo del Pnrr. L’eco delle urla dei tassisti l’ha spinta così prima a cercare se ci fosse modo di abbattere via legge le commissioni, poi, quando le è stato chiaro che la misura sarebbe sicuramente stata bocciata come incostituzionale, ha puntato a una terza via. L’unica che era possibile sin dal principio: affidarsi al buon cuore del mercato.