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“Poteva succedere anche a me”. Sui social centinaia di mamme raccontano il loro post parto: sole, umiliate e senza nessun aiuto

by Atreju
January 23, 2023
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“Poteva succedere anche a me”. Sui social centinaia di mamme raccontano il loro post parto: sole, umiliate e senza nessun aiuto
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Centinaia e centinaia di testimonianze. Tutte diverse per età, esperienza e circostanze. Ma che dicono tutte, esattamente la stessa cosa: «Poteva succedere anche a me. Dopo il parto, mi hanno lasciato da sola». Lei, trentanni, si è addormentata allattando il bimbo di appena tre giorni. Che è morto, soffocato. Secondo il protocollo, il personale dell’ospedale avrebbe dovuto sorvegliare che il neonato venisse riportato in culla dopo l’allattamento. Così non è andata. Una tragedia, che in tantissime donne ha rievocato le ore difficilissime del post parto. Stravolte, doloranti, alle prese con le prime ore di vita di un bimbo e l’allattamento. In ospedale, ma lasciate sole. 

Sulla pagina Instagram Mamma di Merda – community social nata nel 2016 da Francesca Fiore e Sarah Malnerich, attiviste e scrittrici dedite a «smontare la retorica della mamma perfetta e lenire i sensi di colpa» – raccontano per prime la loro esperienza del post parto. «Non vogliamo analizzare un fatto di cronaca specifico, ma cogliere spunti di riflessione e l’opportunità di interrogarsi che questo può offrire, valutare se ci sono margini di miglioramento», scrivono. A seguire, centinaia di testimonianze. Ne riportiamo solo alcune.

«Ho rischiato di far cadere mio figlio dalle mie braccia e poi di soffocarlo, crollavo dal sonno e avevo il terrore di farlo cadere. Mi sono fatta la pipì addosso, perché non riuscivo ad alzarmi. Nessuno mi ha aiutato».

«Dopo tre giorni di travaglio senza mangiare né dormire partorisco e vengo lasciata in camera. Avevo gli occhi che si chiudevano e la testa che crollava. Ho chiesto all’ostetrica se potevo lasciare il bambino per dormire un po’, mi ha risposto che poteva prenderlo solo se non piangeva. Ero così al limite che ho firmato le dimissioni e sono tornata a casa».

«Parto cesareo, dopo nemmeno ventiquattr’ore mi fanno alzare di botto, svengo dal dolore, dicono che mi sono fatta venire un attacco di panico perché piangevo. Costretta ad andare in bagno da sola, non riesco a lavarmi. Alle tre del mattino vado al nido e imploro per due ore di sonno. Mi dicono: “Non potrei farlo ma visto che stai così solo per questa volta”».

«Mi hanno detto: si lavi con una bottiglietta se non riesce a fare il bidet».

«Ero in camera con una ragazza che aveva subito un cesareo e non stava bene per niente. La prima notte lasciarono entrare sua madre, la seconda no. Alla prima richiesta di assistenza l’infermiera le disse che avrebbe dovuto alzarsi e cambiare la sua bambina, perché a casa non ci sarebbero state le ostetriche ad aiutarla. Mi sono sentita talmente umiliata io per lei, che ho proposto di cambiare io la sua bambina e aiutarla per qualsiasi cosa avesse bisogno».

«Prima figlia, cesareo. Seconda notte ancora dolori, dopo che il pomeriggio mi avevano fatto collassare perché costretta ad alzarmi e messa su una sedia e dimenticata lì. Dopo averli implorati per antidolorifici mi hanno dato una tachipirina. Chiamo alle tre di notte se poteva cambiare il pannolino alla bambina, mi ha detto di no. Piangevo a goccioloni mentre una santissima compagna di stanza mi aiutava».

«L’ostetrica è arrivata a dirmi “ti stai inventando tutto, non è possibile avere così male”, che sono una lagnosa».

«A ventiquattr’ore dal parto, chiamo l’infermiera per chiederle di tenermi la bambina. Mi risponde: “Devi sforzarti, non puoi chiamare per queste cose».

«Me la portano a mezzanotte, nata sottopeso e con la flebo. Chiedo per favore se mi aiutano ad attaccarla al seno. Me l’ha piazzata sulla pancia e mi ha detto “è un fatto naturale, vedrà che ci arriva”».

«Abbiamo ricevuto centinaia di testimonianze spaventose.. Partorire non può essere un terno al lotto, a seconda della fortuna di trovare oppure no assistenza – commenta Sarah Malnerich –. Questa è infantilizzazione della donna e controllo del suo corpo: nessuno ti ascolta, ma ti dicono cosa fare e come farlo. La narrazione della naturalità del parto, dell’allattamento, della maternità, è fallace e opprimente. In quanto donna, ti affidano un compito che devi saper svolgere. Ma è un percorso di apprendimento, nessuna mamma “lo sa”». «La narrazione delle donne come “macchine da guerra”, “multitasking”, dalle risorse infinite, spingono le donne oltre i loro limiti fisici. Il riposo per una mamma non è concesso, nemmeno dopo il parto – continua -. Nel caso di un cesareo, per esempio, è un’operazione chirurgica. In qualsiasi altro caso ti raccomandano il riposo, di stare a letto. Ma dopo il parto, no».

Nelle testimonianze raccolte dalla community MammadiMerda, si parla sia della solitudine che le normative Covid – in molti casi rimaste invariate, nonostante la fine dell’emergenza – che dei comportamenti scorretti di ostetriche e infermiere. Nessuna empatia, nei reparti? «Mi voglio augurare che tutte quelle che hanno subito questo tipo di trattamento sia finito sulla nostra pagina – conclude Malnerich -. Che siano professioniste stanche, poco empatiche, poco preparate. Ma fossero anche solo una piccola percentuale, svalutare e sottovalutare il dolore della puerpera è un’altra manifestazione di un sistema patriarcale introiettato. Che mette a rischio la salute delle mamme e dei loro figli». 

Lo studio dell’Accademia dei pediatri statunitensi: “No al letto condiviso fra mamma-bebè, il rischio è la morte improvvisa del piccolo”

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