L’ennesimo appello a fermare le violenze e la repressione in Iran. Questa volta arriva da Evin dove trenta prigioniere politiche iraniane, tra cui la ricercatrice franco-iraniana Fariba Adelkhah e la figlia dell’ex presidente Hashemi Rafsanjani (mandato 1989 – 1997), hanno firmato un documento con cui chiedono la cessazione delle esecuzioni dei manifestanti. “Noi, detenute politiche e ideologiche del reparto femminile del carcere di Evin (Teheran), chiediamo la fine delle esecuzioni dei manifestanti e la fine delle ingiuste condanne inflitte ai prigionieri in Iran”, si legge in questo testo inviato all’Afp.
“Quali che siano le nostre convinzioni religiose e politiche e le nostre origini, siamo state tutte condannate, per un totale di 124 anni di carcere, a seguito di procedure inique e non trasparenti. Il che equivale a diverse generazioni di vita umana”.
Nel carcere di Evin, lo stesso dove è stata detenuta la blogger romana Alessia Piperno, sono detenuti dissidenti, intellettuali e prigionieri politici iraniani. Dal quel centro penitenziario situato nella capitale Teheran, considerato tra i più terribili della Repubblica islamica, sono arrivate testimonianze che riportano di gravi violazioni dei diritti umani come torture, abusi e sistematica mancanza di cure mediche.
Oltre a Fariba Adelkhah, arrestata nel giugno 2019 e poi condannata a cinque anni di carcere per aver minato la sicurezza nazionale, e Faezeh Hashemi, condannata a gennaio a 5 anni di carcere per aver criticato il regime, figurano tra le firmatarie la tedesco-iraniana Nahid Taghavi, attivista per i diritti delle donne, condannata a 10 anni di carcere nel 2021 e Niloufar Bayani, attivista ambientalista, condannata nel 2020 a dieci anni di carcere per spionaggio.
Secondo l’ong norvegese Iran Human Rights, almeno 481 persone sono state uccise e almeno 109 persone sono a rischio di esecuzione in relazione alle proteste, oltre alle quattro già impiccate. Teheran riconosce centinaia di morti, compresi membri delle forze di sicurezza. L’Onu ha contato anche 14 mila arresti in quattro mesi di proteste iniziate a metà settembre dopo la morte di Mahsa Amini, 22 anni, in seguito al suo arresto da parte della vice polizia per violazione del codice di abbigliamento.
Sul piano della diplomazia oggi in Europa si tiene il Consiglio Affari Esteri in cui tra le altre cose si discuterà ancora di una risoluzione votata la scorsa settimana al Parlamento europeo, per adottare misure contro i Pasdaran, (Irgc) accusandoli della repressione delle proteste in Iran e di fornire droni alla Russia per la guerra in Ucraina e di inserirli nella lista delle organizzazioni terroristiche. La proposta è stata avanzata da decine di parlamentari europei di origine iraniana.
Ma sembra che l’Unione Europea non possa inserire i Guardiani della Rivoluzione (Irgc) nella lista nera delle organizzazioni terroristiche senza prima una sentenza di un tribunale di uno Stato membro che lo attesti. Lo ha sottolineato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrel.
Parlando con i giornalisti al suo arrivo al Cae, Borrell ha spiegato che prima che l’Ue stessa possa agire serve “una decisione di un tribunale di almeno uno Stato membro. Non si può dire che sono terroristi solo perché non ci piacciono”.
Teheran continua a usare il pugno duro anche in diplomazia: si dice, infatti, al lavoro per chiudere all’Europa lo stretto di Hormuz dopo appello Parlamento Ue di considerare Pasdaran terroristi Il parlamento iraniano valuterà “un piano urgente” per imporre restrizioni ai movimenti delle navi commerciali europee nello stretto di Hormuz. Lo ha detto il vice presidente della commissione parlamentare per gli affari interni Mohammad Hassan Asfari, come riporta Mehr, facendo sapere che la decisione è una delle possibili contromisure per l’emendamento approvato recentemente dal Parlamento europeo che chiede l’inserimento delle Guardie della rivoluzione iraniana nella lista dei terroristi designati dall’Unione europea. “Sicuramente non resteremo in silenzio, chiudere lo stretto di Hormuz è nell’agenda del parlamento”, ha affermato il deputato invitando “gli europei a cancellare la decisione prima che sia troppo tardi”.
Pasdaran le Guardie della rivoluzione, gruppo militare di sorveglianza formato nel 1979