“Dal pomeriggio di mercoledì 11 gennaio al venerdì 13 gennaio Eva Kaili è stata messa in isolamento su decisione del giudice istruttorio. È stata tenuta per 16 ore in una cella di polizia, non in prigione, al freddo, le è stata negata una seconda coperta, hanno preso il suo cappotto, la luce era costantemente accesa, non permettendole di dormire, ha avuto le mestruazioni e non le è stato consentito di lavarsi. Questa è tortura”.
A dichiararlo è Michalis Dimitrakopoulos, uno dei due avvocati dell’europarlamentare ed ex vicepresidente dell’assemblea di Strasburgo Eva Kaili, al termine dell’udienza al Tribunale di Bruxelles di convalida del carcere per la politica greca nell’ambito dell’inchiesta sul Qatargate.
“Eva Kaili – ha proseguito leggendo un documento redatto d’accordo con la stessa ex vicepresidente del Parlamento europeo – è accusata ma c’è sempre la presunzione di innocenza. Siamo in Europa, questi atti violano la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo è il Medioevo”.
L’altro legale dell’europarlamentare, André Rizopoulos, ha poi aggiunto che se verranno confermati gli arresti per Kaili, non potrà vedere la sua bambina prima di “febbraio”.
Andre Risopoulos (sx) e Michalis Dimitrakopoulos, avvocati di Eva Kaili
“Vorrei solo che si comprendesse l’effetto che” l’accordo siglato con la Procura belga da Pierantonio Panzeri “può avere su Eva Kaili, dal momento che lei ha potuto vedere la sua bambina di 23 mesi due volte in sei settimane, in prigione. Per noi c’è una vera rottura delle misure appropriate in rapporto alla situazione”, ha sottolineato Rizopoulos.
“Il signor Panzeri si vuole comprare un futuro e, come avvocato, lo capisco perfettamente – ha poi precisato Rizopoulos -. Lui ora sa quando finirà il suo periodo di detenzione. Sa chi sono le persone che ha scelto di proteggere, probabilmente a cominciare dalla sua famiglia. Vorrei solo che si rendesse conto dell’effetto che può avere su Kaili”.
“Ancora una volta abbiamo chiesto la scarcerazione di Eva Kaili con delle misure alternative come, ad esempio, il braccialetto elettronico” e “per il momento Kaili è l’unica politica a essere detenuta in condizioni difficili” e ciò “è estremamente preoccupante perché occorre fare un bilanciamento tra l’interesse dell’inchiesta, sempre legittimo, e le misure effettive prese per proteggere l’inchiesta. Ma non bisogna dimenticare che ormai Kaili è la persona più fortemente colpita dal carcere duro pur non essendo al centro dell’inchiesta”, ha poi aggiunto l’avvocato Rizopoulos.